(“Motore rotto blues” è il titolo di una bella antologia di racconti di Ron Goulart.
Cosa c’entra con la mia storia? Niente, ma il mio motore più rotto di così non può essere e merita una ballata.)
Ieri non abbiamo fatto nulla. C’erano problemi con la gru fissa e il camion con quella mobile non era disponibile.
Abbiamo rinviato a oggi e in tarda mattinata sono arrivati i meccanici da Vibo. Trainiamo la barca sotto la gru e salgono a bordo.
Un’oretta per staccare fili, tubi e ogni cosa e lo sollevano.
Dal giorno della rottura non avevo più aperto il vano motore. Mi ero rifiutato.
Ora posso vedere davvero in che condizioni è, o meglio, cosa c’è rimasto.
Il monoblocco in fusione è squarciato sui due lati e si può comodamente guardare attraverso il motore, da una parte all’altra.
Forse c’è una ragione per cui si è spaccato nel momento in cui l’ho riacceso, ma se invece fosse successo in quei minuti in cui sono stato con la testa a pochi centimetri, cercando l’eventuale perdita d’olio? Sarei ancora vivo? Domanda interessante.
Mauro mi traina in un nuovo posto al pontile Q (quello interno al molo di soprafflutto), con un comodo finger.
Mi sto cominciando a riprendere. Ho lavato tutto ciò che c’era da lavare nella lavatrice del marina: vestiti, lenzuoli, copertine, etc. Ho sistemato un po’ di cose della barca e cucinato per me, invece di mangiare roba a caso.
Forse riprende la vita.