Ogni volta che mi capita di parlare di fili elettrici a bordo vedo gli sguardi perplessi, anzi stupiti, dei miei interlocutori, quando cito i conduttori in rame stagnato.
Ogni volta che apro un quadro elettrico o guardo la connessione di due fili qualsiasi sulla barca di un amico trovo vecchi “morsetti Mammouth” (quando non trovo semplici fili con il rame attorcigliato su se stesso e chiuso con del nastro adesivo).
Ogni volta che un amico attacca all’impianto una nuova pompa di sentina, venduta con un metro di filo standard, lo vedo prolungare il cavo (giuntandolo ovviamente con il Mammouth di cui sopra, appoggiato nella sentina umida) utilizzando dei conduttori di 0,5 millimetri quadri di sezione, che aveva in un cassetto.
Lui è convinto di aver fatto una buona cosa e di aver aumentato la sicurezza della sua barca con questa potente pompa di svuotamento.
Statisticamente, è probabile che non gli si riempia mai di acqua la sentina e la pompa rimanga lì inutilizzata per anni, ma con l’andar del tempo avrà solo aumentato i rischi per la sua barca e l’equipaggio.
In caso di semplice inutilizzo infatti il normale filo di rame e il morsetto, esposti per anni all’umidità e alla salsedine, si ossidano e la superficie di contatto diminuisce.
Il rame si copre di una patina verde e nera, che ne diminuisce la capacità conduttiva e invecchia precocemente, diventando rigido, cosa che provoca lo spezzettamento dei fili conduttori. Quando si andrà a utilizzare, si surriscalderà e/o si provocheranno scintille in grado di incendiare la barca.
Nel malaugurato caso che ci fosse davvero una via d’acqua che ci riempie la sentina, questa raggiungerà presto la nostra giunzione provocando un corto circuito che, non solo ci priverà della pompa, ma probabilmente anche di tutto l’impianto elettrico (luci, auto pilota, motore, ecc.) , con tutto ciò che ne può conseguire.
L’elettricità, mettiamocelo in testa, è una brutta bestia.
Ogni tanto leggiamo di barche che hanno preso fuoco. Certo molto spesso il problema viene dall’impianto del gas, ma frequentemente anche da un corto circuito sull’impianto elettrico.
A proposito, quanti sanno che i tubi di gomma del gas hanno normalmente 5 anni di scadenza? (C’è la data stampata sopra.)
Quando ho comprato Moma, ho trovato un tubo scaduto da 11 anni. Undici. Rischiare la vita per 5 euro di tubo e un quarto d’ora di lavoro.
Ma questo del gas non c’entra in questa pagina. Le logiche di sicurezza che dovremmo applicare però sono analoghe.
Quando ho comprato Moma, il precedente proprietario mi ha detto di aver fatto rifare da poco l’impianto elettrico da un professionista (mi ha mostrato la fattura dell’elettricista di oltre 2.500 euro). Era poi solo la parte luci dell’impianto, non l’intero, ma questo era scontato.
Però quando ho aperto il quadro elettrico ho visto che genere di professionista era. Con 100-200 euro di più di cavi elettrici migliori avrebbe fatto un lavoro degno di un vero elettricista marino.
Ecco alcune regole e logiche da seguire che ho imparato, per avere un impianto elettrico ben fatto in barca:
1) Tipologia di cavi:
I cavi elettrici in normale rame ad uso civile non sono adatti all’ambiente salino.
Il rame si ossida, si irrigisce, si frantuma lungo tutto il conduttore, perde il buon contatto, si surriscalda e scintilla nelle giunzioni.
Usate e pretendete sempre e solo cavi conduttori in rame stagnato, che oggi non hanno più neanche la tradizionale guaina in PVC o materiali simili, ma sono prodotti con gomme siliconiche, che li rendono molto flessibili e refrattari all’umidità.
Sono più difficili da reperire (non li hanno tutti i venditori) e costano sensibilmente di più. Ma la differenza di costo è minima nel conteggio complessivo di componentistica e mano d’opera.
Non c’è paragone in qualità, sicurezza e durata nel tempo.
(Unico problema: non si trovano proprio per i cavi di grossi diametri.)
2) Giunzioni, morsettiere e isolamento in generale:
L’ho già detto: non usate i Mammout o altri morsetti similari. Sono aperti ed esposti alla salsedine, si ossidano e perdono di conduttività, riscaldandosi e microscintillando.
Se dovete usare dei morsetti, perché vi servono giunture facilmente apribili e modificabili nel tempo, usate giunzioni di alta qualita e il più “protette” possibile.
Per i conduttori di dati e in generale a basso amperaggio utilizzate i nuovi morsetti “a scatto” componibili (ce ne sono di diversi modelli) e dove c’è corrente, come nei quadri elettrici, morsetti industriali di qualità e con contatti sovra dimensionati.
Ma dove possibile non usate proprio i morsetti e saldate i fili a stagno.
A questo proposito, molti non sanno che non si usa praticamente più il tradizionale saldatore elettrico. Oggi esistono speciali “tubetti” di plastica termorestringente, che ha al proprio interno un anellino di stagno.
Si inseriscono i fili stagnati nel tubetto, spellati per una misura sufficiente a che si incrocino e, con un saldatore ad aria calda, si provoca il restringimento del tubetto e si scioglie l’anello di stagno, realizzando una saldatura perfetta.
In ogni caso, mai, ripeto mai, una giunzione (a stagno o con morsetti) deve restare aperta in un punto della barca che può essere raggiunto dall’acqua. (Mai la giunzione dell’alimentazione della pompa di sentina, per intenderci.)
Esistono piccole scatolette di plastica piene di una gelatina speciale, assolutamente analoga a quella dei giochi dei nostri figli, che quando la lanci si attacca alle pareti e quando la stacchi ti si attacca alle mani, ma resta sempre ben coesa.
Una volta realizzata la nostra giunzione la immergiamo in questa gelatina ricoprendola ben bene e chiudiamo la scatola. Lì dentro anche un vecchio obsoleto Mammouth è ben protetto per decenni.
Proteggete anche i connettori piatti a lama, i cosiddetti “Faston”, dove occorre usarli.
3) Quadro elettrico e interruttori:
Il quadro elettrico che contiene quasi tutti gli interruttori, i fusibili, le valvole di sicurezza e i morsetti di interconnessione è un elemento estremamente delicato e tutti questi componenti dovrebbero essere protetti al massimo dalla salsedine e dall’umidità.
Utilizzate il più possibile componenti stagni e progettati per uso marino e non componenti nati per uso civile.
Purtroppo questo spesso non è possibile, per questione di costi, di spazi e di reperibilità di certi materiali, ma almeno tentiamo di utilizzare prodotti di qualità e correttamente dimensionati.
Quando ho acquistato Moma, a parte l’impianto luci, i cui cavi erano stati numerati, non si capiva ogni filo a cosa servisse e dove andasse.
Ci ho messo giornate intere a identificarli uno per uno, a etichettarli e a tradurre il tutto in uno schema che permettesse di capire come fosse fatto l’impianto. (È consultabile qui alla seconda pagina.)
Nella pagina 9 si può vedere una foto dell’interno del quadro, nella parte che ospita i morsetti. È una barra DIN ad uso civile, ma è di buona qualità. Tutti quei morsetti rossi li ho sostituiti io, perché i vecchi quando li maneggiavi si sbriciolavano.
Ogni filo è etichettato e i numeri sono riportati nello schema.
Se ci sarà un guasto, un fusibile saltato , o un altro problema, succederà sempre in un momento critico e non ricorderete mai qual è il filo che vi serve staccare. Avere sotto mano uno schema dettagliato e i fili identificati, vi permetterà di andare a colpo sicuro.
4) l’impianto a 220V:
Ormai tutti abbiamo in barca anche un impianto a 220 Volt per quando siamo in porto, collegati alle apposite colonnine di ricarica.
A 220 Volt di Corrente Alternata ci sono minori problemi di dimensionamento dei conduttori che non a 12 V di Corrente Continua (ne parliamo sotto), ma i cavi debbono essere comunque sufficienti a sopportare i forti carichi a cui possono essere sottoposti (per esempio una stufetta elettrica d’inverno).
Il cavo che parte dalla colonnina deve avere il doppio isolante, per proteggerlo se finisce in acqua, e prese e spine non debbono essere ossidate (quindi i coperchi vanno sempre ben chiusi).
Il terzo filo di “messa a terra” (quello giallo e verde) deve essere correttamente collegato e, anche su uno scafo in plastica, non in metallo (su questi bisogna fare studi approfonditi) sarebbe meglio fosse presente un “isolatore galvanico”, che limita il passaggio di dispersioni di corrente, che molti porti hanno nei loro impianti.
I conduttori di rame non debbono essere ossidati e con i fili irrigiditi. Meglio se i cavi della 220 non corrono assieme a quelli a 12V e ai cavi dei segnali (antenne e dati NMEA).
5) Dimensionamento dei cavi:
Chi non è un esperto elettricista non si rende conto dell’importanza del corretto dimensionamento della sezione di un cavo elettrico sulla base del carico applicato, particolarmente importante nel caso della corrente continua a bassa tensione, cioè i 12 Volt.
Provate a entrare in questa pagina Web ( oppo.it ) e a impostare questi parametri per eseguire un calcolo di sezione dei conduttori:
Corrente Continua – 12 Volt – 1000 Watt – 1 Volt – 12 metri
Premendo il bottone “Calcola” otterrete 35 millimetri quadri di sezione del filo.
Quindi, se il vostro salpaancore, con motore da 1000 W è a 6 metri di distanza (6 del positivo e 6 del negativo = 12), con un cavo da 35 mmq perdete 1 Volt.
Ma 1 V su 12 V è quasi il 10% di potenza del motore, non una sciocchezza. Se i cavi sono lunghi 12 + 12 metri, con 35 mmq perdete 2 Volt.
Questo vuol dire surriscaldamento dei fili e, se date fondo e recuperate l’ancora e poi ridate fondo per mezz’ora, oltre a assassinare la batteria, rischiate di fondere i fili del motore.
Non crediate, che i problemi siano minori se collegate una pompa di sentina con conduttori da 0,5 mmq.
Per calcolare la corrente che passa in un filo basta che dividiate la potenza (W) del carico per la tensione di alimentazione (12 V) e otterrete gli Ampere. Quindi nel caso di una pompa che consuma 60W, dividendo per 12V, sul filo passano 5A.
Un conduttore elettrico standard porta al massimo 3 Ampere per millimetro quadro, quindi occorre un cavo da 2 mmq.
Una buona pratica da seguire è leggersi tutte le etichette di tutti gli apparati di bordo (strumenti, luci di via e di ambiente, pompe, verricello, frigorifero, eccetera) e verificare se tutti i fili sono adeguati al carico.
In molti casi basta un conduttore da 1,5 mmq. Per la differenza di costo io cerco utilizzare anche in quei casi il 2,5 mmq così il giorno in cui dovrò aggiungere un apparato non sarà sottodimensionato.
Un’altra buona pratica sarebbe anche quella di ragionare per quanti minuti/ore ognuno di quei servizi sta acceso in un giorno, per capire se batterie e carica batterie sono adeguati, come vedremo ai punti successivi.
In Italia parliamo di millimetri quadri di sezione (superficie), gli americani parlano di AWG. Ecco una tabella comparativa fra i due sistemi di classificazione:
6) Apparati ad alto amperaggio, come il salpa ancore:
Dal punto precedente abbiamo capito che più un cavo è lungo, maggiore è la perdita di tensione/potenza. Questo naturalmente è molto importante dove i carichi sono alti, come il verricello o il motorino d’avviamento del motore.
Questo ci dice anche che i cavi debbono essere più corti possibile.
Per esempio, se ho una barca di 14 metri, con il verricello a prua e le batterie a centro barca è sensato che il mio interruttore magheto-termico che protegge il salpaancore stia in un quadretto a poppa vicino alla timoneria? No.
Perché dovrei allungare il cavo di 5 + 5 metri per arrivare dalla batteria a poppa, buttando un buon mezzo volt inutilmente.
Quando ho acquistato Moma ho visto che il verricello (500 W) faticava a recuperare un’ancora Bruce da 7,5 chili (catena da 8mm). I fili che lo alimentavano erano da 10 mmq e passavano ambedue (positivo e negativo) dal quadro elettrico.
Ho sostituito il cavo con del 25 mmq e il negativo l’ho mandato per un altro percorso direttamente alle batterie, recuperando 6 metri.
Il positivo passa ancora per il quadro, perché lì c’è l’interruttore magneto-termico di protezione.
(Il cavo da 25 è rigidissimo e l’interruttore sta su un pannello con cerniera che si deve aprire, allora, facendo delle giunzioni a regola d’arte, l’ho connesso con tre morbidi file da 5 mmq collegati assieme [totale 15 mmq], ma solo per mezzo metro di percorso.)
Adesso lo stesso salpa ancore solleva bene un ancora Epsilon da 10 kg, che si pianta a fondo nel fango.
Analoghi ragionamenti su percorsi e carichi vanno fatti per gli staccabatteria generali, che debbono stare vicini alle batterie.
Insomma se progettate un impianto ragionate sui percorsi e le lunghezze dei cavi che portano alti carichi. Accorciare di qualche metro i cavi ad alta potenza non serve a risparmiare un po’ di soldi, ma a guadagnare potenza.
Ragionate anche sugli inverter, quegli apparati che vi permettono di collegare alle batterie un utenza a 220V come un forno a micro onde oi un frullatore.
C’è chi acquista inverter da 1.000-2.000 VA e poi li attacca a una presa da accendisigari, che dipende da un cavo da 1 mmq di 10 metri.
Per quanto detto prima non funzionerà mai o scioglierà il filo. Vanno collegati con cavi grossi e corti, cioè vicino alle batterie, e poi si potrà prolungare il cavo a 220V del forno, se occorre.
7) Batterie e apparati di ricarica:
Dicevamo prima che sarebbe utile quantificare quanto consumiamo ogni giorno con i servizi che utilizziamo, per sapere se le nostre batterie sono sufficienti ad alimentare il tutto e se i sistemi di ricarica sono adeguati.
Ci sono decine di articoli sul Web su questo argomento. Ecco, per esempio, quello del Giornale della Vela, che ha anche un’utile tabella con i consumi tipici al massimo uso e comparati con un uso “responsabile”, cioè, per esempio, spegnendo le luci quando non servono.
Nello stesso articolo vengono ben spiegate le differenze fra varie tipologie di batterie e i pregi e difetti di ciascuna. È inutile quindi che mi ci dilunghi anch’io, ma voglio però ribadire alcuni concetti.
Non fate mai lavorare ASSIEME batterie di carica, modello ed età differenti.
La batteria più scarica abbatterà quella più carica, quella più vecchia accorcerà la vita di quella più nuova.
Su Moma ci sono 3 batterie: 2 per i servizi (luci, strumenti, frigo, etc.) e 1 per l’avviamento del motore. (Vedi pagine 1 e 8 dello schema.)
Le 2 dei servizi, che lavorano e vengono ricaricate assieme, sono identiche. Non solo le ho comprate della stessa marca e modello, ma ho anche controllato che la data di fabbricazione stampata sopra fosse della stessa settimana.
Quella del motore è proprio di tipo diverso (l’avviamento richiede una forte scarica per pochi secondi, mentre i servizi una debole corrente per l’intera giornata), ma non operano mai assieme.
Esiste uno staccabatterie che mette “in parallelo” i due circuiti, ma è previsto solo per emergenze, che possono succedere una volta nella vita. Altrimenti ognuna si occupa solo del proprio lavoro.
Chi ha vecchi impianti con solo il classico staccabatterie “1-2-Both“, non deve mai usare Both, se non per emergenza, se sono di marca ed età diverse, ma deve abituarsi a commutare quotidianamente da 1 a 2, a seconda delle esigenze di carica o alimentazione.
Anche le connessioni di ricarica su Moma sono ben separate:
Il caricabatterie da banchina a 220 V ha due uscite differenziate; una per il banco servizi e una per la batteria motore, così da caricare ognuna con le proprie caratteristiche.
A valle dell’alternatore del motore c’è un apposito “isolatore” a “MosFet” della Victron, che suddivide le correnti per lo stesso principio.
Il pannello solare ha un “regolatore” con un uscita unica, invece, ma c’è un grosso deviatore, che permette di scegliere se caricare i servizi o il motore. Volutamente, non posso caricare ambedue assieme (di norma sta sui servizi).
Gli apparati di ricarica debbono essere ben dimensionati per le nostre batterie e soprattutto adatti.
Se decidete di sostituire le vostre tradizionali batterie al piombo con le nuove AGM o al Lithio, controllate se caricabatterie, isolatori ed altro sono adatti a quei tipi di batterie, altrimenti devono essere cambiati anche quelli.
Inoltre:
Se potete installate un alternatore maggiorato, perché un alternatore ddichiarato da 30A, in realtà li eroga per i primi minuti, ma poi scende gradatamente e voi credete che caricherà le batterie in 2 ore, mentre ce ne metterà 10.
(Vedi NOTA 1 in fondo)
Una batteria ha una vita media dai 3 ai 5 anni. Non aspettate a cambiarle quando muoiono. Succederà sempre nel momento peggiore.
Non lasciate scaricare totalmente le batterie. Si guastano. Una batteria tradizionale al piombo da 100A ne può erogare effettivamente 50, poi rischia di morire. Quando da 13,6V scende vicino ai 12 Volt deve essere già ricaricata.
La carica di una batteria tradizionale al piombo, anche misurata con un normale tester (che dovrebbe sempre essere presente a bordo), va considerata secondo questa tabellina:
Volt % carica
> 12,6 = 100
12,4-12,6 = 75-100
12,2-12,4 = 50-75
12,0-12,2 = 25-50
11,8-12,0 = 0 -25
< 11,8 = scarica
Le batterie debbono stare in un luogo asciutto e pulito. Non mettetele in sentina.
Controllatele spesso durante la ricarica, valutandone anche la temperatura. Se una “scotta”, scollegatela subito.
Se dopo la carica il tester mostra che la tensione di una batteria sta sugli 11 Volt, invece che oltre i 13, sicuramente ha un elemento difettoso. Scollegatela.
Consiglio vivamente l’installazione di uno strumento di monitoraggio delle batterie, tipo i Victron serie B700, per controllarne spesso lo stato (richiedono l’installazione di un componente detto “shunt” sul cavo principale).
Sul mio plotter Garmin ho impostato l’allarme “voltaggio”, che quando la batteria dei servizi scende sotto i 12V, suona, esattamente come fa quando sono alla fonda, che mi avvisa se l’ancora ara.
Insomma, senza fare terrorismo, rispettate le buone regole di utilizzo delle batterie.
Vivranno più a lungo e diminuiranno di molto i rischi.
NOTA 1:
L’amico Giovanni della barca Biscuit, dopo aver letto l’articolo mi scrive:
«A proposito di potenziare l’alternatore, non si risolve il problema della poca carica alle batterie, perché il problema non è l’alternatore ma il suo regolatore interno che lo limita. Una volta c’erano sistemi per bypassare il regolatore interno, ma bisognava aprire l’alternatore e fare uscire due fili collegati alle spazzole. Adesso è stato risolto con un “DC-DC Charger”, che fa sì che la carica sia costante nel tempo e quindi dopo due ore di motore, anziché vedere che nelle batterie scorrono solo 2 Amp, ne vedi entrare 5 o 6. Questo è il primo anno che lo utilizzo e ho visto migliorare la situazione, quindi io modificherei dove hai scritto di aumentere la potenza dell’alternatore, anche se avere un alternatore da 6o o 80 A é comunque meglio, così non lo tiri per il collo.»